Liberamente tratto dall’intervista del 1994 al Premio Nobel per la Letteratura Naghìb Mahfùz (1911-2006) effettuata nel suo studio presso la sede del Quotidiano Al Ahram del Cairo da “Meridiani”.

C’è chi ha girato il mondo, e lo descrive come fosse un vicolo. C’è chi conosce solo un vicolo, e lo descrive come fosse il mondo. Il mio “vicolo” è l’Egitto, e l’Egitto, per me, è il mondo. Ho viaggiato pochissimo, nella mia vita che ormai ha superato le 82 primavere. Il mio viaggiare consueto è simile al moto del pendolo: dal Cairo ad Alessandria, e da Alessandria al Cairo. L’immensa Cairo, dove sono nato e dove ho una dimora affacciata sulla maestà del Nilo; e Alessandria, che amo soprattutto in estate per il conforto della sua brezza marina e per il suo spirito romantico imbevuto di storia e di cultura: la vera sintesi di Oriente e Occidente che ho sempre sognato.

L’Egitto è dunque un paese dolce e caldamente ospitale. E’ anche allegro, spiritoso, pacifico per naturale inclinazione. Il nostro eroe nazionale Sa’ad Zaghlul, che nel 1920 costrinse l’Inghilterra a riconoscere l’indipendenza dell’Egitto, sostenne giustamente che il nostro popolo, al contrario delle genti beduine che hanno sempre tratto sostentamento dalle scorrerie bellicose, è un popolo saldamente sedentario, che odia la guerra e l’accetta solo in caso di estrema necessità, quando si tratta di combattere per non soccombere all’aggressore.

Placida è la civiltà del Nilo, non meno del fluire solenne del grande fiume che da sempre le ha permesso di esistere e prosperare.