Wabi-Sabi e la Malinconia nell'Urbex

C’è una bellezza particolare nei luoghi abbandonati, un fascino che risiede nelle crepe, nella polvere e nelle ombre allungate dal tempo. Il wabi-sabi, la filosofia giapponese che celebra l’imperfezione e l’impermanenza, trova la sua espressione perfetta nell’esplorazione urbana. Ogni edificio lasciato al declino diventa un monumento alla transitorietà, un’eco del passato che si mescola con il presente.
Le mie fotografie urbex cercano di catturare proprio questo: la malinconia della decadenza e la poesia della luce che filtra tra finestre dimenticate. La luce radente, che attraversa gli spazi vuoti e si rifrange sulle superfici consumate, diventa il filo conduttore delle mie immagini. Non è solo illuminazione, ma un elemento narrativo che sottolinea l’assenza, il vuoto lasciato da vite che un tempo animavano questi luoghi.
Ogni stanza che fotografo racconta una storia, ma lo fa in silenzio. Le pareti scrostate, il pavimento cosparso di detriti, le finestre incrinate da cui si intravedono alberi che reclamano lo spazio: tutto parla della ciclicità della natura e dell’inevitabilità del cambiamento. Eppure, in questa lenta dissoluzione, c’è una bellezza struggente.
La malinconia dell’urbex non è tristezza, ma contemplazione. È il riconoscere che ogni cosa è destinata a mutare, che la perfezione non esiste se non nell’istante in cui la si osserva con consapevolezza. Il wabi-sabi ci insegna ad accettare l’estetica dell’incompleto, del consumato, del fragile. Ed è proprio in questo equilibrio tra luce e ombra, tra presenza e assenza, che cerco di raccontare la mia visione attraverso la fotografia.
Le immagini che compongono questo progetto non sono solo documenti visivi di spazi dimenticati, ma riflessioni sul tempo che passa e sulla memoria che resta intrappolata tra le mura. Fotografare l’urbex è un modo per fermare l’effimero, per trovare la poesia nel decadimento e per riscoprire la bellezza in ciò che spesso viene ign